Piero Gobetti, il peccato mortale dell’intransigenza intellettuale



Piero Gobetti (Torino, 1 giugno 1901 – Neuilly-sur-Seine, Parigi, 15 febbraio 1926) è stato un intransigente, questo il suo vizio capitale in un paese come l’Italia dove i più non capiscono, o fingono di non capire, che vi sono tempi e circostanze in cui l’intransigente è il vero realista e il fautore dell’accomodamento è un povero illuso. Chi ha avuto ragione, alla luce della storia, quelli che hanno cercato fino a l l’ultimo l’accordo con Mussolini nella speranza di attenuarne le ambizioni eversive, o Piero Gobetti che fin dalla marcia su Roma chiamava alla lotta senza quartiere?

Lettera a Magris



Caro Magris,
sono rimasto sconcertato nel leggere le considerazioni che hai svolto sulla riforma costituzionale e sul governo Renzi nel corso di una trasmissione televisiva. Ho sempre ammirato, lo sai bene, i tuoi scritti e nutro profondo rispetto per la tua biografia intellettuale e morale ove ho spesso avvertito un forte spirito repubblicano lontano del realismo senza principi che domina la mentalità italiana. Ricordo in particolare un bel passo del tuo Livelli di guardia in cui, a proposito dell’infelice frase di Angelo Panebianco, che “i principi servono solo se si resta vivi”, ribattevi giustamente che “accade talvolta di restare vivi perché qualcuno, in nome di quei princìpi, muore, per difendere chi è minacciato”.